mercoledì 4 dicembre 2013

Buen viaje, Seba!


Come spesso mi capita, domenica 12 giugno 2011 mi imbarcai in un'avventura più grande di me, senza sapere assolutamente cosa mi aspettasse, ma senza paura per l'ignoto: l'Ironman 70.3 di Pescara, alla sua prima edizione.
 
D'altronde l'esperienza non mi mancava di certo, essendomi votato al triathlon da ben due anni, durante i quali avevo collezionato la bellezza di due triathlon Sprint in MTB ed un paio di Duathlon Spint (!!!).
 
Non ero troppo preoccupato: "Che me frega, pian piano arriverò...", pensavo, ma non andò esattamente così. La storia ci racconta come finì la corsa: al 35° km della frazione bike un raggio della ruota posteriore pensò bene di cedere alla mia incontenibile potenza, mettendo fine ai miei sogni di gloria.
 
Poco male: lanciata qualche imprecazione, mi accomodai tranquillo sul guard rail ed attesi che qualche anima pia venisse a raccattarmi, fino a quando si materializzò un furgone dell'organizzazione (il c.d. "camion scopa"), sul quale caricai - o, meglio, lanciai - la mia De Rosa d'epoca, ed un'Alfa Romeo, che mi accompagnò alla Zona Cambio.
 
E qui inizia la storia che vorrei raccontarvi quest'oggi, perchè è la gente che fa la storia...
 
Salii sull'auto e mi accomodai sull'unico sedile ancora libero, quello anteriore, mentre su quello posteriore erano già seduti altri tre ragazzi, vittime anch'essi di guasti meccanici.
 
Li osservai meglio, e ne riconobbi due: uno visto sulla spiaggia poco prima della partenza, al quale, sentendolo parlare con la moglie in idioma capitolino, avevo chiesto della crema solare (o, forse, della vaselina), l'altro notato, poco prima di fermarmi, seduto sul guard rail vicino alla sua supersborobike da 6 milioni di dollari, con la ruota anteriore nelle mani.
 
Arrivò quindi il momento delle presentazioni: "Piacere, Stefano", dissi io. "Gianluca", rispose il tipo della spiaggia. "Sebastian", rispose in uno strano slang spagnoleggiante l'altro malcapitato. Del terzo, mi spiace, ma non ricordo proprio nulla.
 
Lungo il tragitto che ci riportava in zona cambio, dopo aver dettagliatamente illustrato le sfighe che ci avevano portato dentro quell'Alfa, si parlò del più e del meno: di triathlon, ovviamente, ma anche del temporale, forte ed improvviso, che impediva di vedere la strada (persino a noi, nonostante i tergicristalli tentassero di compiere il loro dovere), dei trenini formatisi nonostante la gara fosse "no draft", della filosofia alla base dello spirito sportivo, e di chissà cos'altro.
 
Di Gianluca e Sebastian mi colpirono due particolari: la malcelata rabbia trattenuta a stento dal primo, che non accennava a scemare neanche con il passare dei minuti, e la dolcezza disarmante del secondo quando, con il telefono gentilmente prestatoci dell'autista, chiamò la propria compagna per avvertirla di quanto accaduto: "E' incinta, non vorrei che si preoccupasse", ci disse non appena conclusa la telefonata, con una luce negli occhi che lasciava chiaramente trasparire il profondo amore per la sua compagna e la felicità per ciò che stava vivendo in quel magico periodo della sua vita.
 
Già, la vita, quella che nel suo imprevedibile svolgimento, mi ha portato ad incontrare nuovamente Gianluca (Master runner per gli amici) sulla spiaggia di Trevignano prima e sul web poi, fino a ritrovarci nella stessa squadra (Zona Cambio), a condividere momenti conviviali ed agonistici.
 
Per quanto riguarda Sebastian, solo una volta rientrato in zona cambio scoprii che si trattava di Sebastian Pedraza, uno tra i più forti Pro del triathlon italiano (le mie solite fdm), di cui, da allora, iniziai a seguire le gesta sportive in giro per il mondo.


Fino a lunedì scorso quando, all'indomai della sfortunata trasferta per l'Ironman di Cozumel, Sebastian Pedraza, tramite il suo profilo Facebook, ha pubblicato questo:

Ieri, poi, ha postato una bellissima fotografia scattata in occasione del 2° compleanno del suo piccolo uomo (che non pubblico per ovvi motivi di Privacy), evidentemente nato nel dicembre di quel 2011.
 
Bene, caro il mio Sebastian, se proprio dovessi decidere di non ritornare su questa decisione, visto che faccio parte di quella "gente stupenda" che questo sport ti ha fatto conoscere (modestia a parte), voglio augurarti il meglio per il prosieguo del tuo viaggio, sapendoti al sicuro da "forature" di ogni genere perchè accompagnato dalla tua splendida famiglia.

In bocca al lupo, uomo, anche io sono fiero di te. Perchè è la gente che fa la storia.

2 commenti:

  1. Mi ricordo come fosse ieri, e non credo lo dimenticherò mai. Era crema solare, quel tubetto fece una fine orrenda!
    Mi spiace per Sebastian, aveva ancora molto da dare al nostro triathlon.
    Mi rimase impressa la sua frase in macchina quando disse che il triathlon non è uno sport ma uno stile di vita.
    Quella era la mia prima gara di triathlon e non capivo nene cosa volesse dire, adesso si.

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    Risposte
    1. Anche per me quella gara fu praticamente un battesimo e, nel bene e nel male, mi ha insegnato moltissime cose, ed è per questo motivo che mi sento particolarmente legato a quegli eventi.
      Non so se per me il triathlon sarà mai uno stile di vita, o rimarrà una sfida giornaliera alla mia pigrizia, ma di certo la mia vita, da allora, è cambiata di molto.

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